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Covid-19: i casi in cui emergenza fa rima con generosità - Leonardo Rosa
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Covid-19: i casi in cui emergenza fa rima con generosità

Covid-19: i casi in cui emergenza fa rima con generosità

Sono tante le sfaccettature di un’Italia colpita da una situazione di cui quasi nessuno aveva un’idea precisa, visto che per un’epidemia paragonabile a quella di Covid-19 bisogna risalire alla Spagnola del 18-20.

Dato che le polemiche imperverseranno per mesi – più probabilmente anni – credo sia utile raccontare quei fatti che, paradossalmente, fanno meno notizia: sono le storie, moltissime, legate alla generosità. Sembra quasi che su queste ultime ci sia una sorta di imbarazzo di fondo, come se fossero un orpello inutile.

Difficile non iniziare dalla menzione di chi la propria generosità l’ha pagata con la vita: sono già più di 150 i medici caduti sul campo, oltre a un elevatissimo numero di paramedici, all’interno di un elenco che si allunga giornalmente su oltre 22mila contagi tra gli operatori sanitari a fine aprile.

Nessuno potrà mai permettersi di stilare una classifica del valore, ma è impossibile non attribuire un pensiero commosso a quegli operatori sanitari che, pur in pensione, hanno deciso di indossare nuovamente il camice, consci di essere soggetti altamente a rischio, pur di aiutare gli altri a sopravvivere.

Don Giuseppe che ha compiuto un grande gesto di solidarietà

Non indossava un camice, ma un abito talare, don Giuseppe Berardelli, 72 anni, parroco del comune bergamasco di Casnigo. Nel pieno dell’emergenza ha scelto, dopo aver contratto il Covid-19, di rinunciare al suo respiratore per donarlo a un paziente più giovane, senza neppur voler sapere il nome di colui che avrebbe contribuito a salvare. Qualcuno ha detto “è morto da prete”, varrebbe la pena aggiungere anche la parola “eroe”.

Al di là dei sacrifici estremi, occorrerebbe ricordare tante altre storie a lieto fine. Ad esempio, quelle semplici e popolari delle spese e dei cesti sospesi che si sono rapidamente diffusi da Sud a Nord e viceversa. Segno che, in fondo, il nostro Paese nasconde una solidarietà verace, che va oltre i tanti egoismi sbandierati.

Al di là dei singoli, c’è stata una nobilissima mobilitazione anche da parte di aziende, professionisti e realtà associative del cosiddetto terzo settore.

Ipad donati agli ospedali per i pazienti covidL’azienda marchigiana Med Store ha deciso di donare degli Ipad agli ospedali regionali. Da strumenti tecnologici quei device sono diventati oggetti dal valore affettivo inestimabile avendo permesso di mandare un saluto – spesso purtroppo l’ultimo – tra i malati e i loro cari.

Luana Confezioni nel ferrarese, e altre aziende a Pietrasanta, come in altri luoghi della Penisola, su coinvolgimento dei rispettivi sindaci, hanno messo a punto delle mascherine con fascia trasparente per lasciar scoperta la bocca, consentendo alle persone sorde di poter dialogare pur con garanzia di sicureza.

Le orchidee di CarceriChe dire poi della ditta Menin di Carceri, nel Padovano? Il nome dirà poco o niente ai più, ma si tratta del primo produttore italiano di orchidee, una realtà in grado di commercializzare annualmente oltre 3 milioni di queste piante. Ebbene, il lockdown ha bloccato il commercio, ma le piante avevano ormai compiuto il loro processo di crescita, a prescindere dai decreti. Per Pasqua Donato Menin, il titolare, ha deciso di donare un’orchidea a ciascuna famiglia di Carceri, regalando 1500 sorrisi a fronte di altrettante piante che diversamente sarebbero appassite in serra.

C’è stato poi chi ha voluto mettere a disposizione il proprio talento, con video-lezioni gratuite, per allietare la gente a casa. È il caso di Bruno Barbieri e delle sue deliziose ricette spiegate in modo tale da risultare a portata di tutti, anche dei meno avvezzi ai fornelli, o dello scrittore Sandrone Dazieri che, al grido di “Buongiorno reclusi” ha dispensato, in diretta Facebook, lezioni pratiche di scrittura creativa e sceneggiatura per aspiranti giallisti.

Soroptimist Italia ha, in qualche modo, fatto ancora di più, unendo gli sforzi di numerose persone capaci e volenterose. Consci della crisi che affligge moltissime famiglie, l’associazione ha voluto mettere insieme professioniste donne (psicologhe, medici, commercialiste e molte altre) in grado di fornire consulenze gratuite in tutti i campi, vista la difficoltà sia fisica che economica a ottenere queste prestazioni.

Poliziotti della Questura di BellunoA prescindere su quale sia la cura più efficace, i poliziotti di Belluno, guariti dal coronavirus, hanno subito fornito piena disponibilità a donare il loro plasma affinchè questi anticorpi possano aiutare chi lotta con la malattia.

Gli esempi, come anticipato, sarebbero ancora migliaia, ma termino la carrellata con Andos di Ferrara, comitato locale della Onlus che si occupa di assistere le donne operate al seno.

Su iniziativa della presidente Marcella Marchi l’associaizone ferrarese ha voluto donare 500 euro all’ospedale Sant’Anna per contribuire a fronteggiare i costi dell’emergenza, auspicando l’acquisto di dispositivi a tutela delle pazienti che, loro malgrado, dovranno continuare le loro cure negli ambulatori di Cona.

A far notizia non è l’importo in sé, quanto la scelta di un’associazione benefica di donare parte delle proprie ristrette disponibilità, per sentirsi parte attività della collettività. Una collettività che, attraverso esempi come questi, fa risplendere l’appellativo di Bel Paese.

 

Leonardo Rosa

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